Sergio Mazzoni
Sergio Mazzoni è nato nel 1956 a Pistoia. Ha iniziato a dedicarsi al disegno sin da giovane. Inizia ad esporre negli anni settanta. Durante questo periodo ha incontrato altri artisti, Slao, Forese Lenzi e Mirando Jacomelli che hanno condiviso con lui il percorso di crescita artistica e culturale. Nel 1983, insieme a F. Calamai, F. Lotti e A. Matani, ha fondato “Il Gruppo“, incentrato sulla figura di Francesco Melani. Nel 2003 prende il via il progetto “Gruppo Blu” insieme a giovani pittori, dando inizio all’esperienza xilografica come punto di convergenza. compagni d’arte ma anche di lavoro, i membri del gruppo sono soci del Circolo Aziendale Breda e colleghi presso l’Ansaldo Breda di Pistoia. Il nome del gruppo, “Gruppo Blu”, deriva dal colore delle loro tute da lavoro, il blu, che rappresenta un segno distintivo unificante e caratterizzante nella loro vita quotidiana, al quale hanno voluto attribuire un significato artistico.
Da qualche tempo si è trasferito a Livorno, dove vive attualmente.
Suoi lavori sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.
Nel 2014 presenta l’importante mostra “Filografia”.
“Le opere che compongono questa mostra testimoniano l’impegno a rinnovare l’amore per la linea, riuscendo anche in qualche caso ad escludere l’apporto del colore senza togliere nulla alla forza e all’originalità dell’opera. Sono opere in cui si intrecciano, allo stesso tempo, la semplicità e la complessità grafica incarnate da un’espressione artistica realizzata con un materiale insolito e povero: il fil di ferro. Macroscopiche realizzazioni di quelli che lo stesso artista definisce “scarabocchi”. Un riciclaggio di quei segni-disegni che trovano posto nel poco spazio rimasto libero a bordo pagina, nel margine di quaderni, riviste, libri…
Percorsi tracciati che, spesso, non trovano la strada per uscire dalla vita privata, finendo gettati in un cestino o dimenticati in qualche cartella o cassetto, trovano in queste opere considerazione e attenzione. Ritornano a vivere creando trame di un tessuto, insieme, vecchio e nuovo. Ogni segno è composto di possibilità, sensazioni, sogni, vibrazioni; linee si incrociano in percorsi di esistenza vissuti o solo sognati, nella massima libertà.
Queste linee non sono altro che il manifestarsi inconsapevole di un mondo interiore. Lo scarabocchio riguarda il linguaggio dell’inconscio e così come il sogno ha una sua lingua e una sua grammatica, così profondamente individuale e privata. Allo stesso tempo, rivelando emozioni profonde e inespresse, smaschera il sentire più autentico, con ironia e senza diaframmi difensivi. Per queste opere di Mazzoni calzano perfettamente le parole di Bruno Munari “Il più grande ostacolo alla comprensione di un’opera d’arte è quello di volerla capire”.” ( dal C.S)
In galleria trovate una vasta collezione di monotipi con intervento manuale su carta, piccoli pezzi unici, dai colori poco appariscenti, nei toni dimessi del bruno, dell’ocra, del azzurro pallido e dai tratti decisi e semplici. Accompagnati talvolta dalle parole che emergono dal supporto di carta, sono piccole sintesi di pensiero, piccoli concentrati di forza espressiva e concettuale, carichi di valore immediato.
“Con questa particolare tecnica, Mazzoni, ribadisce il suo alfabeto personale fatto di segni essenziali che si compongono di punti e linee formanti figure geometriche minimali quali il triangolo, principio di tutte le forme e il quadrato, materialità della terra. Come afferma Stefano Spinelli l’unione di queste due immagini dà vita a una lunga serie di rappresentazioni di case, “famiglia, intimità, rifugio, struttura forte ma anche equilibrio fragile in continua evoluzione”.
Le immagini di Mazzoni si susseguono sulle carte come un elemento seriale in continua ripetizione e, al contempo, sembrano ricercare una loro identità differenziale. E’ così che nascono questi delicati momenti artistici dove emerge la trasparenza del quotidiano e dove inaspettatamente si svolgono le fila di profonde tesi artistico-filosofiche, quali la continua dialettica tra identità e differenza e tra manualità e concettualità.”
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