Raffaele Ciutto

Nato a Nizza di Sicilia, in provincia di Messina, Raffaele Ciutto vive tra la Sicilia e la Toscana.

Laureato in lingue e letterature straniere, è Reiki Master e Astrologo

L’interpretazione cromatica di Raffaele Ciutto è giovane e parte da un processo storico invertito, ossia dalla percezione visiva americana del secondo dopoguerra, con uno studio a ritroso che rientra nei confini europei, casualmente, senza rigorosità cronologica o di scuola, di tendenza o corrente, ma con spazi pittorici che restituiscono alla mente sensazioni e fantasie innovative iniziate dalle Avanguardie fino al Postmoderno.

Come l’esperienza della vita si frantuma e si ricostruisce, giorno dopo giorno, tramite fatti sereni e violenti, voluti e contrastati, spezzati e ricomposti, alla stessa maniera I colori si mischiano, si accettano e si respingono, si accostano e si rifiutano, producendo ordine e caos su uno spazio decorato, ma rigorosamente voluto bidimensionale dall’artista.

Dalla geometria dei rettangoli colorati al ciclo della luna o del sole, alle sagome ritratto, alle intricate foreste di tipo pollockiano, ridotte però nello spessore del colore fino all’appiattimento totale, Ciutto continua la sua nuova esperienza di comunicazione attraverso la strada della gestualità segnica.

L’artista autodidatta, già docente di lingue straniere ed appassionato di astrologia, psicologia e dottrine esoteriche, misurato nelle parole e nei gesti, con pause di riflessione, ordinato fino alla pignoleria, per ottenere soluzioni immediate ed effetti rapidi, ognuno iniziato e concluso nella propria esperienza, preferisce usare i colori acrilici con punte costanti, emergenti e secondari, di viola.

L’ideologia americana entra in Europa e nel processo formativo del neoartista come un mito, un mito che mira a rinnovare una stagione artistica considerata scaduta con i cicli e ricicli del classicismo e del tradizionalismo latente. La scelta della ricerca visiva sul fenomeno americano coincide, nel processo vitale di Ciutto, con lo sfaldamento delle proprie ideologie, frantumate dagli eventi politico-sociali e dall’esperienza del vissuto. L’arte degli Stati uniti riesce ad essere disinibita innescando a sua volta un processo liberatorio: è egemone ed autonoma quindi, diventa un simbolo. L’espressione americana si appropria dell’esperienza europea ma con una visione diversa che non implica un indispensabile rapporto tra il presente e il vissuto culturale: è un’arte giovane, prorompente, dinamica, che parte da una nuova esperienza del reale. E nelle tele di Ciutto compaiono in apparenze-dissolvenze, con una vitalità controllata, dai toni smorzati e volutamente opachi, reminiscenze che vanno da Jackson Pollock al temperamento mistico orientale, come predisposizione psicologica, di Mark Tobey. Nel desiderio di conoscenza e di accettazione totale delle filosofie orientali e primitive, l’uomo avverte il bisogno di liberarsi dall’oppressione schiacciante della “nuova solitudine”, unica eredità-ricompensa alla corsa per il benessere moderno, uno pseudo benessere economico ed egoistico delle civiltà industrializzate che ha prodotto in concomitanza il germe dell’angoscia penetrante, fino alla distruzione dell’essere.

Sulle tele, all’improvviso, delle grandi macchie rosse urlano squarciando il nero di un cielo di morte e diventano i segni eclatanti della negazione del passato, del proprio passato, che ricompare come un sogno distrutto, sfaldato, creduto e ripensato, come messaggio della negazione assoluta; “l’iconografia del no” sente, in questo caso, l’influenza del rapporto segnico e cromatico di Clyfford Still.

Lo spazio pittorico, ora pensato ora istintivamente creato, sconfina nelle correnti informali europee, con un tocco personale ed autonomo che costringe otticamente la tela ad allargarsi o a restringersi. La presenza di macchie di colore apparentemente disposte a caso ma chiaramente costruite nell’effetto d’insieme, con una foresta di fili, offre una fluttuante comparsa-scomparsa di simboli, volti, figure, sembianze stellari: le linee sono curve, le macchie si dilatano senza angolature spigolose.

Partono da un forte processo emotivo e traducono, in una miriade di gesti colorati, comportamenti individuali e collettivi di contrasto fra “realtà dell’esterno e realtà dell’interno” o forse dell’esistenza, dell’umano agire.

Perché, all’improvviso, è così forte per l’uomo il bisogno di trovare una nuova forma di comunicazione?

Forse per percorrere nuove strade o per provare a riscoprire vecchi sentieri abbandonati. Sicuramente per ritrovare se stesso e per vedere negli altri e nelle cose comuni, quotidiane, una gioia ritrovata.

Certamente Ciutto, attraverso un recente confronto di idee, mi ha lasciato addosso la sensazione di un suo tentativo mirato alla frantumazione delle barriere mentali con la maturità del non giudizio: la sua apertura al dialogo con una nuova disposizione all’ascolto porta, altresì, alla accettazione di “essere” per se stessi, senza l’assurda arroganza di “diventare” per gli altri, con una immagine inventata dall’esigenza del momento o dal gusto di mercato.

Anna Cacciola

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