Arez Prod

Arez Prod ( Valerio Filie)

 

“Mi chiamo Valerio e sono nato a Livorno nel 1982.

Sono cresciuto osservando mio padre che aveva la passione della pittura e della fotografia.

All’età di 14 anni mi avvicino al mondo dei graffiti e dell’arte urbana e da lì inizia il mio interesse per l’arte in generale.

Innamorato della cultura giapponese inizio a “studiare” da autodidatta nel corso anni successivi. A 30 anni prendo in mano la mia prima vera macchina fotografica e da lì inizio, sempre da autodidatta, la ricerca e lo studio dei maestri fotografi che più mi inspirano.

“viene da dentro” è una serie di 15 fotografie che fotografie non voglio essere. Il mio intento era di creare qualcosa di diverso unendo l’astrattismo (derivato dalla mia passione per Pollock) alla composizione derivata dalla calligrafia giapponese unendo infine ciò che mi circonda ogni giorno nel mio lavoro e cioè il pesce

Qui la fotografia è solo un mezzo per riportare la composizione dell’opera ovviamente essendo impossibilitato a mostrare l’opera stessa.

Il titolo ” Viene da Dentro” gioca sul doppio significato della parola stessa,  infatti il tutto è formato da viscere e frattaglie (che ovviamente stanno dentro ai vari pesci) e viene da dentro perché quasi tutta l’arte viene da dentro l’artista…

Nel 2017 vince in Premio Art Fair alla sesta edizione de La Quadrata

Espone a Parigi ad Art Shopping Paris 2017, edition  printemps

“ Mon nom est Valerio et je suis né à Livourne en 1982. J’ai grandi en regardant mon père qui avait une passion pour la peinture et la photographie, et à 14 ans j’aborde le monde du graffiti et de l’art urbain et de là commence mon intérêt pour l’art en  generale.

Amoureux de la culture japonaise, je commence à « étudier » autodidacte au fil des ans.

A 30 ans, je prends mon premier “vrai” appareil photo et à partir de là je commence, toujours autodidacte,  les premières recherches et l’étude des photographes maîtres qui me inspirent plus ..

« Viene da dentro (Vient de l’intérieur) » est une série de 15 photographies que  ne veulent pas être photographies. ..

Mon intention était de créer quelque chose de différent en combinant l’abstrait (dérivé de ma passion pour Pollock) et la composition dérivée de la calligraphie japonaise pour  enfin rejoindre ce qui me entoure tous les jours dans mon travail et qui est le poisson.

Ici la photographie est seulement un moyen de montrer la composition de l’œuvre étant évidemment incapable de montrer le travail lui-même …

Le nom « Viene da dentro (Vient de l’intérieur) » joue sur le double sens du mot, en fait, l’ensemble est composé de viscères et les abats (qui sont évidemment dans les différents poissons) et vient de l’intérieur parce que presque tout l’art vient de l’intérieur de l’artiste …”

Video intervista ad Arez Prod realizzato da NaRt a Parigi nello stand de Il Melograno Art Gallery

Vi proponiamo la traduzione del testo:

“Salve a tutti. Oggi vorrei tornare su un argomento che ho trattato al volo nel mio video sul Realismo … un piccolo accenno alla foto che « al contrario della pittura, cattura la realtà, può certo darne una chiave di lettura, ma non la rappresenta » … non essendo un video sulla fotografia non avevo l’occasione di dilungarmi sulla questione e mi sono ripromessa di tornarci sopra per le necessarie precisazioni.

L’immagine fotografica attinge la sua fonte dal mondo che ci circonda, che il fotografo ci fa vedere. In questo senso si potrebbe dire che si contenta di presentare un’immagine che già esiste. Se non fosse per il fatto che spesso il fotografo ci mostra proprio quello che non vediamo, scegliendo una particolare angolazione, il momento giusto. Il fotografo è in effetti più vicino al pittore di quanto non appaia. La sua tavolozza è il mondo e i suoi pennelli la luce. Un fotografo non ruba le immagini, le crea. E per farlo mette alla prova la sua pazienza per aspettare l’istante propizio allo scatto, il suo « saper vedere », ma anche il suo « saper fare ».

Ma mentre il pittore può scegliere di non rappresentare alcunché di concreto, questo sembra essere precluso al fotografo, no ? Ricordiamo che la pittura astratta ha come propria vocazione il non rappresentare nulla di fisicamente esistente nel nostro mondo: paesaggi, oggetti, persone, sono esclusi dall’equazione ed appartengono al dominio meraviglioso della figurazione. Quindi, dato che la fotografia ha per fonte degli elementi concreti, poiché cattura il mondo che ci circonda, dovrebbe essere per principio figurativa, no ? Bah… Non del tutto, perchè il fotografo, l’abbiamo detto, crea delle immagini. In queste immagini può frammentare gli oggetti, optare per delle inquadrature inusuali, giocare con le proporzioni… in breve, può creare una composizione alla fine astratta, che non ha più un significato reale, ma si apre ad una dimensione poetica. Riconoscere il soggetto diviene praticamente impossibile per lo spettatore che, se tenta di identificare ciò che sta guardando, rischia ancora di più di mettersi a sognare, a immaginare. Quindi, si, la fotografia è del tutto capace di prendere la distanza dal reale: la compareremo allora alla pittura o alla calligrafia nel suo approccio all’astratto. E tutto questo non data da ieri. Prima di passare ad un caso pratico, andiamo un pochino a ritroso nella storia. Non esiste una definizione ufficiale di cosa debba essere la fotografia astratta, quindi non si può essere davvero precisi quando se ne parla. Ancora oggi gli artisti che dichiarano di fare della fotografia astratta preferiscono non definirla. Personalmente la visione che preferisco è quella di John Suller, fotografo e psicologo : « Se guardi una foto e nella tua testa una voce si chiede « Che cosa è ? » … ecco, allora si tratta di fotografia astratta ! ».

Certo ciò ha l’aria di essere molto semplice, detto così, ma quando sappiamo che la fotografia ha acquistato i suoi titoli nobiliari durante la Seconda Guerra Mondiale, in seguito alla quale è divenuta il mezzo privilegiato di diffusione dell’informazione e quindi di un’immagine leggibile, scegliere di farne un oggetto astratto, agli occhi di alcuni è al limite della perversione.

E peraltro, già dal diciannovesimo secolo, si è sperimentato con la fotografia, soprattutto nel campo scientifico. Anna Atkins per esempio si diverte ad applicare sulla pellicola delle alghe secche, nel quadro dei suoi studi scientifici.

A questo processo a metà artistico da un nome: i fotogrammi. August Strindgberg sottopone alla prova del caldo e del freddo le sue lastre fotografiche, per una resa un po’ più astratta. Louis Darget, quanto a lui, tenta di catturare delle immagini mentali pressando le lastre fotografiche sulla fronte delle modelle. Nel ventesimo secolo, sotto l’influenza dell’Impressionismo e dei movimenti successivi, i fotografi prendono coscienza dell’interesse, o magari del disgusto, che suscita nel pubblico l’astrazione. Stieglitz, Paul Strand o ancora Edward Steichen, si cimentano nel realizzare foto astratte da soggetti concreti. Le prime foto riconosciute astratte ed esposte pubblicamente appartengono alla serie Motivi simmetrici tratti da forme naturali di d’Erwin Quedenfeldt. Con le sue Vortographes, Alvin Langdon Coburn sperimenta l’utilizzo di un prima sfaccettato nel suo apparecchio fotografico. A partire da qui, la lista dei fotografi tendenti all’astrazione, spesso sotto l’influenza delle avanguardie artistiche, Cubismo, Futurismo, Surrealismo, è troppo lunga perchè possa essere esauriente. Metterò una piccola lista di artisti di riferimento nella descrizione, se volete soddisfare la vostra curiosità.

Arriviamo al ventunesimo secolo e senza sorpresa, la democratizzazione dell’informatica ha il suo piccolo impatto sulla fotografia. Oggi, per fare della foto astratta, non c’è più bisogno di giocare a fare il chimico o di trattare la pellicola. La frontiera tra artista cosiddetto « tradizionale » e il fotografo è totalmente annullato da questi nuovi processi.

Non mi dilungherò sui numerosi nomi che incarnano questa nuova era in fotografia e inserirò tutto nella descrizione.

Invece vi propongo una conversazione con un artista, perchè ci parli del suo approccio e del suo rapporto con la fotografia astratta. Si chiama Valerio Filie, è originario di Livorno, in Italia. L’ho conosciuto in occasione del concorso La Quadrata, organizzato da Il Melograno Art Gallery. E sono stata felice, dato che sono stata membro della giuria, di aver votato per lui perchè ha vinto il concorso. Sono stata sedotta dal fascino delle sue foto, influenzata dalla pittura di Jackson Pollock e dalla calligrafia giapponese, e sono entusiasta che ce ne possa parlare un po’.”

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